…Circa 50 anni fa….
…Un uomo venuto qualche anno prima da un paese lontano decise di costruire, diciamo, un
“calesse”, ci fece salire un po’ di persone ed iniziò a guidarlo, piano, lentamente, direi quasi con
circospezione.
Noi salimmo sul quel calesse, il Maestro guidava e parlava, e come su un’astronave ci portò su un
altro pianeta… Strano, diverso, affascinante e inquietante.
Sentimmo per la prima volta parole strane, in una lingua strana, suoni e fonemi sconosciuti e quasi
impronunciabili: takkindò, no: tekendò, no: takendò, boh? ciariò, gunnè: questo in palestra…
E la sera, a cena a casa sua? Via le scarpe, e poi bulgoghi, kimchi, kalbi, bibimbap, boh? … Cibi mai
provati, seduti in terra, profumi e sapori esotici subito apprezzati da gente abituata invece a
cappuccino-cornetto-spaghetti-fettina la domenica…
E le discussioni con un uomo logico, razionale, colto sopra la nostra media nazionale, che
ironizzava su un certo nostro provincialismo e su quello che noi pensavamo, o piuttosto volevamo,
che fosse oriente-arti marziali-colpo mortale, “spirito” …
Quante serate (serate? Nottate!!) a parlare: noi spiazzati ma incantati da analisi fatte sempre da
una terza angolazione, noi abituati all’italico dualismo e scontro da tifoseria su qualsiasi
argomento; e invece di tutto si parlava: storia, religione, cronaca, filosofia, economia, film…
Io vivevo gli anni della contestazione, dei figli dei fiori (o quel che ne restava), e quindi…come
potevo accettare e condividere gli argomenti di una persona che allora parlava saggiamente come
oggi potrebbe forse fare un moderato-progressista… La sua dialettica era implacabile, mi fece
nero!… Ma poi mi fece nero per davvero dandomi la cintura nera, che ottenni dopo un esame
tremendo e indimenticabile.
Comunque da allora e per un po’ di anni mi ribattezzò LorenZETUNG, accostandomi al Mao con
incredibile ironia e presenza di spirito.
Ci trasmise infatti questa ironia e la voglia e la capacità di analizzare seriamente ma poi
ridimensionare i problemi; lo spogliatoio e le serate rimbombavano delle nostre risate, un’allegria
incredibile e spensierata, se avessi registrato quei momenti forse avrei trovato la medicina
universale contro la depressione, un termine forse allora ancora poco usato e poco trendy.
Anche lui imparò qualcosa da noi e dal nostro mondo così variegato: c’erano studentelli imbranati
e bamboccioni, liberi professionisti di successo, borgatari, pochissimi bambini e festeggiammo a
lungo per la prima ragazza che si iscrisse in palestra. La palestra di taekwondo è un ottimo
osservatorio, e un buon osservatore come lui ne trae spessore, cultura, capacità diversificate e
sofisticate.
Una sinergia di esperienze, culture e mentalità che si sono innescate a vicenda e che hanno dato
inizio ad una reazione a catena, i cui frutti abbiamo visto in questi anni ma che allora sembravano
impossibili.
Da un gruppo di matti in una specie di pigiama e cintura colorata che si allenavano in scantinati
malsani, ad una Federazione Sportiva Nazionale, dal fischietto e gong alla tecnologia elettronica
che l’Italia del Taekwondo ha creduto e voluto per prima in Europa e nel mondo, da un gruppo di
amici ed improvvisatori a una direzione esperta e coraggiosa.
Oggi noi siamo qui, a consolarci per questo tremendo colpo, partito da quello che qualcuno
chiamerebbe un destino cecchino e cinico, sicuramente ci stiamo tutti chiedendo cosa potremmo
fare per chiudere degnamente questo primo volume della nostra storia, così disorientati dal
vertiginoso vuoto lasciato dalla scomparsa del nostro Presidente e primo Maestro in Italia. Non
spetta a me dirlo, io non sono un Dirigente, ma mi piace ingenuamente pensare che la risposta sia
semplice: mettere giù da oggi il secondo volume; noi non ci fermeremo, seguiremo il suo
esempio!; La nostra famiglia sportiva è cresciuta, e purtroppo si diventa adulti anche attraverso le
disgrazie. I nostri dirigenti sapranno certamente trovare nella nostra comunità un’altra persona
che salga come lui sul “calesse”, che prenda come lui le redini e come lui continui a farci avanzare
su questo nostro meraviglioso pianeta sportivo, spostando la frontiera un po’ più in là….
Lorenzo Tricoli