lunedì 29 febbraio 2016

...50 anni fa...


…Circa 50 anni fa….
…Un uomo venuto qualche anno prima da un paese lontano decise di costruire, diciamo, un
“calesse”, ci fece salire un po’ di persone ed iniziò a guidarlo, piano, lentamente, direi quasi con
circospezione.
Noi salimmo sul quel calesse, il Maestro guidava e parlava, e come su un’astronave ci portò su un
altro pianeta… Strano, diverso, affascinante e inquietante.
Sentimmo per la prima volta parole strane, in una lingua strana, suoni e fonemi sconosciuti e quasi
impronunciabili: takkindò, no: tekendò, no: takendò, boh? ciariò, gunnè: questo in palestra…
E la sera, a cena a casa sua? Via le scarpe, e poi bulgoghi, kimchi, kalbi, bibimbap, boh? … Cibi mai
provati, seduti in terra, profumi e sapori esotici subito apprezzati da gente abituata invece a
cappuccino-cornetto-spaghetti-fettina la domenica…
E le discussioni con un uomo logico, razionale, colto sopra la nostra media nazionale, che
ironizzava su un certo nostro provincialismo e su quello che noi pensavamo, o piuttosto volevamo,
che fosse oriente-arti marziali-colpo mortale, “spirito” …
Quante serate (serate? Nottate!!) a parlare: noi spiazzati ma incantati da analisi fatte sempre da
una terza angolazione, noi abituati all’italico dualismo e scontro da tifoseria su qualsiasi
argomento; e invece di tutto si parlava: storia, religione, cronaca, filosofia, economia, film…
Io vivevo gli anni della contestazione, dei figli dei fiori (o quel che ne restava), e quindi…come
potevo accettare e condividere gli argomenti di una persona che allora parlava saggiamente come
oggi potrebbe forse fare un moderato-progressista… La sua dialettica era implacabile, mi fece
nero!… Ma poi mi fece nero per davvero dandomi la cintura nera, che ottenni dopo un esame
tremendo e indimenticabile.
Comunque da allora e per un po’ di anni mi ribattezzò LorenZETUNG, accostandomi al Mao con
incredibile ironia e presenza di spirito.
Ci trasmise infatti questa ironia e la voglia e la capacità di analizzare seriamente ma poi
ridimensionare i problemi; lo spogliatoio e le serate rimbombavano delle nostre risate, un’allegria
incredibile e spensierata, se avessi registrato quei momenti forse avrei trovato la medicina
universale contro la depressione, un termine forse allora ancora poco usato e poco trendy.
Anche lui imparò qualcosa da noi e dal nostro mondo così variegato: c’erano studentelli imbranati
e bamboccioni, liberi professionisti di successo, borgatari, pochissimi bambini e festeggiammo a
lungo per la prima ragazza che si iscrisse in palestra. La palestra di taekwondo è un ottimo
osservatorio, e un buon osservatore come lui ne trae spessore, cultura, capacità diversificate e
sofisticate.
Una sinergia di esperienze, culture e mentalità che si sono innescate a vicenda e che hanno dato
inizio ad una reazione a catena, i cui frutti abbiamo visto in questi anni ma che allora sembravano
impossibili.
Da un gruppo di matti in una specie di pigiama e cintura colorata che si allenavano in scantinati
malsani, ad una Federazione Sportiva Nazionale, dal fischietto e gong alla tecnologia elettronica
che l’Italia del Taekwondo ha creduto e voluto per prima in Europa e nel mondo, da un gruppo di
amici ed improvvisatori a una direzione esperta e coraggiosa.
Oggi noi siamo qui, a consolarci per questo tremendo colpo, partito da quello che qualcuno
chiamerebbe un destino cecchino e cinico, sicuramente ci stiamo tutti chiedendo cosa potremmo
fare per chiudere degnamente questo primo volume della nostra storia, così disorientati dal
vertiginoso vuoto lasciato dalla scomparsa del nostro Presidente e primo Maestro in Italia. Non
spetta a me dirlo, io non sono un Dirigente, ma mi piace ingenuamente pensare che la risposta sia
semplice: mettere giù da oggi il secondo volume; noi non ci fermeremo, seguiremo il suo
esempio!; La nostra famiglia sportiva è cresciuta, e purtroppo si diventa adulti anche attraverso le
disgrazie. I nostri dirigenti sapranno certamente trovare nella nostra comunità un’altra persona
che salga come lui sul “calesse”, che prenda come lui le redini e come lui continui a farci avanzare
su questo nostro meraviglioso pianeta sportivo, spostando la frontiera un po’ più in là….
Lorenzo Tricoli

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